Il mondo secondo Bonnie Blue – Beat and Love n. 16
Grazie a contenuti sempre più estremi, la content creator bannata da OnlyFans ha trasformato il sesso in un rituale collettivo digitale, dove pubblico e performer si fondono in una stessa liturgia
“In questo sudicio mondo o sei la moglie di qualcuno o sei una puttana, oppure stai lì lì per diventare o l’una o l’altra”, scrive Jenny Fields, la madre del protagonista de Il mondo secondo Garp di John Irving. È un romanzo che ho letto almeno una ventina di volte solo durante la mia adolescenza, e mi affascinava terribilmente: per la morbosità dei temi, per l’incongruo umorismo, perché parlava di come diventare scrittore. La mia copia de Il mondo secondo Garp risale al 1984 (il mio anno di nascita) e, infatti, ha le pagine ormai ingiallite con delle preoccupanti macchie verdine sul dorso. Era parte della collana “I grandi” dei Tascabili Bompiani, e fu acquistato da mia madre in un sottopassaggio tra la Stazione Termini e Via Nazionale, che negli anni Ottanta ospitava una libreria. All’epoca doveva essere una specie di libro “di moda” tra i democratici-progressisti americani, un po’ come lo sono adesso quelli di Sally Rooney; ci sono arrivata un decennio dopo leggendo Alta fedeltà di Nick Hornby: la fidanzata del protagonista, Laura, tiene sul comodino proprio Il mondo secondo Garp.
È certamente un libro che mette alla prova le certezze morali di quel pubblico progressista a cui sembrava rivolgersi. Uno degli episodi più disturbanti riguarda Ellen James, una bambina di undici anni vittima di uno stupro: i suoi aggressori, oltre alla violenza, le tagliano la lingua perché non possa identificarli. Intorno a questo evento, nasce un gruppo di donne (le Ellen-Jamesiane) che prendendo spunto dalla tragedia, costruiscono una sorta di movimento politico-femminista, appropriandosi della sua storia per sostenere le proprie cause. In pratica, un fandom militante che Ellen James, da adulta, finirà per disprezzare e da cui cercherà di prendere le distanze. Garp le descrive così:
Provava disgusto per quelle sue imitatrici adulte, quel tipo di donne che portavano sua madre (Jenny Fields) sugli scudi e cercavano di sfruttarla per favorire le loro rozze cause.
Se parlo di questo libro è perché lo sto usando come faro per orientarmi nel buio di alcune storie molto contemporanee. La prima è quella di Bonnie Blue, di cui probabilmente non avete mai sentito parlare, ma nel Regno Unito e negli Stati Uniti ha fatto parecchio rumore.
“Bonnie Blue” è lo pseudonimo da pornostar scelto da Tia Emma Billinger, 26 anni. Oggi sarebbe semplicemente una delle tante creator su OnlyFans, se non fosse che il suo account è stato bannato, perché la sua ultima performance è stata considerata “troppo estrema” persino per gli standard della piattaforma. Con internet, anche l’industria pornografica ha dovuto affrontare delle crisi finanziarie, costringendo chi ci lavora a reinventarsi. Si è così affermata la figura dell’onlyfanser “indipendente”: sorta di content creator che si costruisce da sola un pubblico, puntando su contenuti pornografici sempre più spettacolari e performativi, capaci di cavalcare i trend e arrivare fino al mainstream. Bonnie Blue ci è riuscita con una performance intitolata “Faccio sesso con 1000 uomini in 12 ore”, un evento che le ha permesso di battere un record mondiale precedentemente detenuto da un’altra pornostar, che si era fermata a 919 partner. Nei video diffusi della performance-evento, si vedono file ordinate di uomini con un passamontagna blu in testa (fornito dal team di Bonnie Blue, insieme ad altri necessaire come condom e lubrificante): immagini che alcuni opinionisti hanno paragonato alle code per l’uscita del nuovo iPhone o per accaparrarsi un Labubu in edizione limitata. Paragone, in effetti, non troppo distante: la logica è la stessa, un rituale collettivo attorno a un prodotto, un’esperienza da vivere insieme e condividere online. E cosa c’è di più ritualistico di un’orgia? Molte società antiche avevano costruito interi culti su questo.
Bonnie Blue ha costruito gran parte della propria immagine pubblica su un’idea molto precisa e altrettanto provocatoria della sessualità. Afferma di preferire ragazzi appena maggiorenni, che adesca nei campus universitari, con una predilezione dichiarata per i “vergini”. In più occasioni, ha raccontato di aver avuto rapporti anche con uomini sposati “insoddisfatti delle loro mogli” e di considerarsi, in qualche modo, la valvola di sfogo di queste frustrazioni coniugali. Le sue apparizioni in vari podcast hanno ulteriormente acceso la polemica: in quelle interviste, Bonnie ha attribuito apertamente alle donne la responsabilità dei tradimenti dei loro partner. Una visione che cozza col femminismo tradizionalmente inteso, e non è un caso che lei sia particolarmente apprezzata da Andrew Tate. Nelle interviste, Tia Billinger appare sempre sorridente ed entusiasta di quello che fa, lanciandosi in aneddoti divertenti del tipo “quella volta che ho leccato le emorroidi particolarmente grosse di un tipo” davanti a giornalisti messi a dura prova. I suoi account su TikTok e Instagram, primo step dell’adescamento, mostrano una ragazza normale, che fa le stesse cose che fanno tante altre della sua età: video casalinghi, outfit del giorno, viaggi, e ovviamente l’esibizione dei beni di lusso che ha potuto permettersi grazie al suo lavoro. Da lì, Tia indirizza i potenziali clienti verso i canali dove lei diventa Bonnie, e dove si paga per accedere alle prestazioni sessuali. In filigrana si intravede la normalizzazione online dell’accesso a qualsiasi corpo femminile purché si paghi. Torno, a questo punto, a Jenny Fields, la madre di Garp. Nel romanzo, durante un anno sabbatico con il figlio a Vienna, incontra tre prostitute e decide di pagarne una per farle domande sulla lussuria maschile. Le chiede: “Si sente degradata a venir desiderata in quel modo e poi posseduta a quel modo, oppure pensa che ciò degradi soltanto gli uomini?”. La prostituta non sa rispondere. Poi si rivolge al figlio e gli domanda se in quel momento si senta attratto da lei. Garp conferma. Jenny allora gli lascia dei soldi, invitandolo ad andare con lei.
L’opinione pubblica ha cercato di incasellare subito Bonnie Blue in una narrazione standard e, soprattutto, rassicurante: quella della giovane donna segnata da traumi e abusi nel passato, con una famiglia disfunzionale, probabilmente molto povera. Lei, però, ha smentito più volte questa versione, raccontando di provenire da una famiglia normale, di essersi sposata molto giovane e di aver avuto un lavoro inizialmente soddisfacente, ma presto diventato noioso. Soprattutto, desiderava guadagnare di più. Così, quasi per gioco, ha iniziato a fare la cam girl, e dal primo cliente le è sembrata la cosa più naturale del mondo. Da lì ha proseguito, costruendo un’attività sempre più redditizia, con il sostegno della sua famiglia. L’unica informazione che dà da pensare è che ha raccontato di essere entrata in contatto con la pornografia a undici anni (l’età di Ellen James) e di aver perso la verginità qualche anno dopo, prima dei quindici.
La performance che ha portato al ban di Bonnie Blue da OnlyFans non è stata quella sopracitata del record, bensì un’altra, ancora più estrema, intitolata “Petting Zoo”: durante questo evento, lei sarebbe stata completamente nuda e legata all’interno di una teca di vetro, e gli uomini potevano farle “tutto ciò che volevano”, usando anche oggetti. Il suo obiettivo in questo caso era arrivare a 2000 uomini, ma è stata questa escalation a spingere la piattaforma a intervenire, giudicando la messa in scena “oltre ogni limite consentito” dalle linee guida. L’evento è stato poi trasmesso su un’altra piattaforma simile che l’ha consentito.
Se gli opinionisti si sono arrovellati per settimane nell’interpretare questi fatti, scrivendo lunghi editoriali pieni di equilibrismi per non sembrare dei tromboni moraleggianti, ma nemmeno dei turboliberisti pronti a giustificare tutto con il solito “se va bene a lei, allora è giusto così”, a dare la lettura davvero più interessante, ancora una volta, è stata la community di TikTok. E non una community qualsiasi, ma quella delle WitchTok e delle divulgatrici di fenomeni paranormali. Non hanno alcun dubbio: secondo loro, Bonnie Blue sarebbe una succube. “Succube” era un aggettivo che mia madre usava spesso, per indicare donne “succubi del marito”, cioè “sottomesse”. Sono dovute arrivare Bonnie Blue e le WitchTok a farmi scoprire che, in realtà, nella mitologia antica romana le succubi (da succubus, “giacere sotto”) non erano donne remissive ma demoni femminili che seducevano gli uomini “al fine di alimentarsi della loro energia o anima, spesso provocandone la morte”. C’era anche la versione maschile, cioè gli incubi (da incubare, “giacere sopra”). Secondo il Malleus Maleficarum (il noto libro delle streghe), le succubi “giacevano con gli uomini fino a sfinirli, per poterne raccogliere il seme, di cui poi gli incubi si sarebbero serviti per fecondare le donne”; leggo anche su Wikipedia che “la finalità ultima di questa pratica non è mai stata chiarita. Si supponeva però che le creature così concepite fossero più sensibili alle influenze del demonio”. Dunque, per alcune delle WitchTok, Bonnie Blue sarebbe un demone dell’antica Roma: basta guardare i suoi occhi, ritenuti vuoti, piatti e senza espressioni. “Gli occhi sono lo specchio dell’anima – spiegano in vari video – e dietro i suoi non sembra ci sia granché”. Altre streghe di TikTok, invece, propongono una versione meno “demoniaca” e più “lifestyle da occultista”: Bonnie starebbe praticando rituali di Sex Magik, una forma di magia sessuale resa celebre dall’occultista Aleister Crowley (che da sempre piace alla cultura pop, infatti è anche sulla copertina di Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band dei Beatles). La logica, in questo caso, sarebbe “energetica”: l’atto sessuale come mezzo di canalizzazione e potenziamento spirituale al fine di raggiungere la fama e la ricchezza (per questo piace alla cultura pop). Questo spiegherebbe anche, la predilezione di Bonnie per i partner giovani o vergini: nell’immaginario esoterico, sono depositari di un’energia sessuale più pura e potente.
Tornando a John Irving, non ho detto che negli anni Ottanta era il rivale principale di Stephen King: in effetti, questa sembra una storia che avrebbero potuto scrivere a quattro mani. Un racconto gotico su questi strani tempi moderni, sul sesso, sulla paura e sul bisogno disperato di dare un senso al male. Riformulando Jenny Fields: in questo sudicio mondo, o sei una vittima o stai per diventarlo. Non posso non dirmi contenta che almeno qualcuna provi a discostarsi dal ruolo assegnato.
Se hai dei suggerimenti su tematiche da affrontare e/o dritte di ogni tipo, scrivimi pure sui miei account social: mi trovi su X (il vecchio Twitter) e Instagram. Se vuoi sponsorizzare questa newsletter, scrivi a: info@nredizioni.it







